giovedì 22 agosto 2013

Cafe Flesh


“Cafe Flesh” è il tentativo, se riuscito o meno spetta al lettore stabilirlo, di coniugare sesso, satira e teatro d'avanguardia. L'anno seguente il successo ottenuto con l'innovativo “Nightdreams” (firmato con lo pseudonimo di Francis Delia) il regista Stephen Sayadian (questa volta invece con lo pseudonimo di Rinse Dream) realizza una incursione ancora più audace in un erotismo dalle forti tinte surrealiste. La sceneggiatura, scritta a quattro mani insieme a Jerry Stahl (un apprezzato giornalista e scrittore che in seguito ha descritto la sua caduta nell'abisso della droga nel romanzo autobiografico “Permanent Midnight” da cui è stato tratto l'omonimo film interpretato da Ben Stiller), ha la pretesa di costruire intorno a delle scene di sesso abbastanza inusuali nel panorama del cinema pornografico, una narrazione che invita lo spettatore a riflettere su dei concetti cardine della nostra attuale società: la frustrazione sessuale, il senso di inadeguatezza, il tradimento.


Si è a lungo parlato, col senno di poi, di questo film come di una riflessione sulla pandemia dell'Aids. Considerato che l'annuncio della scoperta dell'origine virale avvenne ad opera dello scienziato Robert Gallo in quello stesso anno, è lecito avanzare una tale ipotesi, per quanto lo stesso Jerry Stahl ha sempre affermato di aver scritto la sceneggiatura pensando unicamente, e con malcelato disgusto, alla condizione di impotenza del pubblico. Non solo di quello che assiste agli spettacoli al “Cafe Flesh” ma anche di quello che, tenendo il telecomando del videoregistratore nella mano sinistra, ne fruisce nel soggiorno della propria casa. In questo senso si potrebbe azzardare che “Cafe Flesh” è un metaporno.
Comunque sia la lettura che se ne dà, “Cafe Flesh” è assurto nel tempo a vero e proprio cult movie e non tanto per le scene di sesso in sé, peraltro numericamente limitate e per lo più girate in campo lungo e senza primi piani, quanto per essere riuscito a dare delle stesse una forma che sconfina nel teatro d'avanguardia. “Cafe Flesh” si colloca temporalmente in una fase di passaggio dalla “Golden Age of Porn” a quella segnata dall'avvento del VHS e dalla conseguente fruizione solipsistica del cinema hard. È, di conseguenza, il tentativo di rinnovare un genere, l'ennesima dimostrazione di ciò che il porno avrebbe potuto essere.


A seguito di una catastrofe nucleare che ha reso il 99% della popolazione “sex negative”, non in grado cioè di avere rapporti sessuali, il rimanente 1%, i “sex positive”, sono costretti ad esibirsi, per soddisfare la libido dei primi, in tetri locali quali appunto il “Cafe Flesh”, gestito dall'odioso Max il melodrammatico (una stupefacente interpretazione di Andrew Nichols modellata sul personaggio di Joel Grey in “Cabaret”) che si diverte a schernire impietosamente il pubblico.


In mezzo a questo ci sono Nick (Paul McGibboney) e Lana (Michelle Bauer, la futura “scream queen” di numerosissime pellicole horror-erotiche quali “Nightmare Sisters” o “Hollywood Chainsaw Hookers” che qui appare però con lo pseudonimo di Pia Snow) che tentano di aggrapparsi disperatamente al loro rapporto, una volta d'amore ma oramai segnato dall'impossibilità di poter godere del contatto fisico. All'insaputa di Nick, però, Lana è una “sex positive” che finge di essere malata per non perdere l'amore del suo compagno e non essere costretta ad esibirsi.


Nel frattempo, sul palco si alternano performance surreali e inquietanti: una casalinga stile anni cinquanta viene sedotta da un lattaio che indossa un costume da ratto (l'attore mulatto Ken Starbuck interprete del film di Vinnie Rossi “Foreplay”) mentre una fila di uomini adulti travestiti da neonati martellano con degli ossi giganti i seggioloni su cui sono seduti; una segretaria (Becky Savage) che viene posseduta sulla scrivania dal suo principale travestito da enorme matita (mentre risuona ossessivamente la domanda “Vuole che prenda nota?”); due lesbiche. L'arrivo della provinciale Angel (la graziosissima Marie Sharp, anche lei vista in “Foreplay”) e la sua entusiastica reazione alla richiesta di esibirsi in quella sorta di cabaret pornografico mettono in dubbio la decisione di Lana. Max, spiandola mentre nel retro della cucina del teatro si abbandona a una disperata masturbazione, si rende conto che la ragazza non è ciò che vorrebbe far apparire.
La performance di un ospite molto atteso, il leggendario stallone Johnny Rico (Kevin James), manda in subbuglio Lana che decide di unirsi a lui e ad Angel. A quel punto Nick prova a raggiungere la sua compagna sul palco ma è costretto ad accucciarsi impotente, mentre il pubblico ride di lui.


Da segnalare, infine, la direzione della fotografia scarna e inquietante affidata a Joseph Robertson e la colonna sonora composta e prodotta da Mitchell Froom ed è apparsa nell'album “Key of Cool” inciso nel 1984. “Cafe Flesh” è stato premiato nel 1984 per la migliore regia.

SCHEDA TECNICA

Cafe Flesh
(USA, 1982, 80 min.)
Regia di Stephen Sayadian (con il nome di Rinse Dream)
Sceneggiatura di Stephen Sayadian (con il nome di Rinse Dream) e Jerry Stahl (con il nome di Herbert W. Day)
Cast: Andy Nichols (Max il melodrammatico) (con il nome di Andrew Nichols), Paul McGibboney (Nick), Michelle Bauer (Lana) (con il nome di Pia Snow), Marie Sharp (Angel), Kevin James (Johnny Rico) (con il nome di Kevin Jay), Ken Starbuck (il lattaio travestito da ratto) (con il nome di Starbuck)
Prodotto da Francis Delia (con il nome di F.X. Pope)
Direttore della fotografia Francis Delia (con il nome di F.X. Pope)

lunedì 19 agosto 2013

The Opening of Misty Beethoven


La pellicola che mi accingo a recensire la considero una delle migliori della “Golden Age of Porn”. In effetti, “The Opening of Misty Beethoven” non ha nulla da invidiare alla cinematografia mainstream: un regista (Radley Metzger) dalle riconosciute qualità artistiche e che personalmente ritengo l'unico vero grande maestro dell'erotismo, una direzione della fotografia raffinata (affidata a Paul Glickman che l'anno prima si era aggiudicato un Oscar per il cortometraggio “Angel and Big Joe”), una sceneggiatura ispirata a un classico della commedia, una recitazione convincente (Jamie Gillis fu premiato come miglior attore), un budget consistente, l'uso di location ricercate, una colonna sonora che annovera musicisti del calibro di Bruno Nicolai, Alessandro Alessandroni (se il nome non vi dicesse nulla provate a pensare all'inconfondibile fischio delle musiche composte da Ennio Morricone per i film western di Sergio Leone) oltre a un paio di gruppi rock prog. E, se tutto ciò non vi bastasse, sappiate che “The Opening of Misty Beethoven” ha la peculiarità, assai rara per il cinema porno, di farvi anche sorridere grazie a una comicità degna di un film di Woody Allen.


Radley Metzger, che qui firma la regia con lo pseudonimo di Henri Paris (utilizzato anche per altri suoi lavori quali “The Private Afternoons of Pamela Mann”, “Naked Came the Stranger” e “Barbara Broadcast”) ci regala un'opera elegante che rimarrà insuperata negli annali della cinematografia di genere. La storia, ispirata alla commedia “Pigmalione” di George Bernard Shaw e, più in particolare, alla riduzione cinematografica che ne fece nel 1964 George Cukor (“My Fair Lady”), inizia con il sessuologo e scrittore Seymour Love (Jamie Gillis) che si avventura in una sala cinematografica nel quartiere a luci rosse parigino di Pigalle in cui si proietta “Le sexe qui parle” (realizzato nel 1975 da Frédéric Lansac questo film rappresentò l'inizio dell'era del “pornochic”, il corrispettivo francese della “Golden Age of Porn”). Nel corso della proiezione egli fa la conoscenza di Misty Beethoven (Constance Money), una giovane ed inesperta prostituta di origine americana che non pratica né la fellatio né il sesso anale. Egli la osserva mentre, truccata in maniera volgare, masturba distrattamente un anziano spettatore travestito da Napoleone Bonaparte. Attorno a lei persone di ogni età, classe e sesso. Una donna tra il pubblico, riferendosi ad una scena particolarmente piccante del film, mormora “Incredibile! Fantastico!” mentre un uomo, seduto dietro di lei, legge il quotidiano “France-Soir”. Seymour Love esce dal locale con la ragazza e la accompagna nel bordello in cui lei esercita la sua professione. Qui incontra la sua amica Geraldine Rich (Jacqueline Beudant) che sta godendo delle attenzioni di un prostituto. Con lei scommette che riuscirà a trasformare Misty Beethoven in una dea della passione. Dopo una iniziale esitazione la ragazza accetta di trasferirsi con loro a New York. Così come la povera fioraia Eliza Doolittle veniva educata in “My Fair Lady” a diventare una signora dell'alta società, analogamente Misty Beethoven viene sottoposta a una estenuante serie di lezioni atte a trasformarla… in una prostituta d'alto bordo.


Dagli States il gruppo si trasferisce in aereo a Roma nella villa di campagna di proprietà di Geraldine (in realtà si tratta del New Jersey, come si evince chiaramente dallo stile architettonico dell'abitazione). Durante il viaggio, facciamo la conoscenza della compagnia aerea utilizzata dai tre e dei servizi che questa offre ai viaggiatori di prima classe, alcuni dei quali decisamente particolari: posti per fumatore o non fumatore, per adulti o per famiglie, per vegetariani o kosher, per amanti del sesso o meno. Se si sceglie l'opzione sesso si ha diritto a una fellatio o a un rapporto completo con una delle hostess (particolarmente esilarante a questo punto la scena che vede una passeggera, interpretata da Tia von Davis, prendere posto accanto a Misty e praticarle un cunnilingus; alla richiesta di una assistente di volo, nel frattempo sopraggiunta, di mostrarle il biglietto di prima classe che giustifichi la sua presenza e ciò che sta facendo in quel momento la donna risponderà che non ce n'è bisogno essendo la moglie del comandante).


A Roma Misty prosegue nelle sue lezioni. Una delle prime prove a cui viene sottoposta si svolge all'interno di una automobile di lusso che la deve condurre a teatro. La ragazza praticherà una fellatio a uno dei passeggeri di fronte a sua moglie disgustata più che altro per il ritardo che rischiano di accumulare (la scena è umoristicamente accompagnata dall'Overture del “Guglielmo Tell” di Gioacchino Rossini). Una volta giunta a destinazione, avrà un rapporto sessuale nei bagni del teatro con un giovane spettatore. I due verranno ad un certo punto interrotti da una donna che, entrata nel locale, apostroferà Misty con le seguenti parole: “Succhiaglielo in una cabina telefonica”). La fama di Misty e delle sue prodezze sessuali inizia a diffondersi in giro per il mondo. Una successiva prova prevede la seduzione di un gallerista d'arte notoriamente gay (Calvin Culver). Grazie alla complicità di una ex-fiamma di Seymour, la brava Terri Hall, Misty riuscirà a portare a termine brillantemente la sua prova (“Voglio succhiare il tuo cazzo come se fosse l'interno di un mango maturo” sussurra l'allieva all'orecchio del gallerista). Una volta perfezionata la tecnica della fellatio (spassosissima la scena in cui Misty masturba oralmente e con le mani tre valletti nella villa di Geraldine) la ragazza è ormai pronta per la prova decisiva: andare a letto con l'editore Lawrence Lehman (interpretato da Ras Kean). L'obiettivo è di farla diventare la ragazza dell'anno della rivista patinata per adulti “Golden Rod Girl”.


Seymour, Geraldine e Misty si recano dunque al party organizzato da Lehman in un vecchio magazzino in disuso che ricorda per l'atmosfera alla Andy Warhol quello in cui Jon Voight incontra Brenda Vaccaro nel film “Un uomo da marciapiede”. Qui Misty sedurrà l'editore e sua moglie Barbara (Gloria Leonard), regalandoci una delle migliori scene di sesso a tre dell'intera cinematografia porno (ad un certo punto Misty indosserà una cintura con fallo per penetrare Lawrence; in realtà il posteriori non è il suo bensì quello di una controfigura giacché l'attore si rifiutò di girare quella particolare scena). Si tratta anche della prima volta in cui in una pellicola porno mainstream viene mostrata esplicitamente una simile pratica, nel gergo definita “pegging”.


Il trionfo di Misty significa anche la vittoria di Seymour. La ragazza ascolta con amarezza le parole del suo mentore che la irride ricordando com'era e che si attribuisce l'intero merito della sua trasformazione. Misty si allontana allora con Lawrence e sua moglie. Seymour e Geraldine ripartono alla volta di New York e, ancora una volta, si assite a una scena comica: un passeggero chiede a una hostess di nascondere un sigaro nella sua vagina nonostante la moglie si affanni a spiegargli che non è vietato introdurre sigari giamaicani nel territorio statunitense.
Seymour Love è ora nel suo attico newyorkese ed assiste alla visione di un filmino girato all'epoca dei primi passi nell'educazione della ragazza. Il suo membro sembra non rispondere agli stimoli visivi e una successione di cameriere si dà inutilmente da fare per cercare di farlo uscire dalla depressione in cui è piombato. Seymour pensa di essersi spinto troppo in là nella crescita e nella autonomia della fanciulla e di averla forse persa per sempre. Ad un certo punto Misty fa il suo ingresso nell'appartamento travestita da cameriera. Seymour sul momento sembra non accorgersene ma ben presto, stimolato dalla maestria della ragazza nel praticargli una fellatio, distoglierà lo sguardo dallo schermo per scoprire con gioia che lei è tornata. I due faranno all'amore con passione.
La scena finale vede Misty, vestita come una vera e propria donna d'affari, che si aggira per l'appartamento prodigando consigli alle nuove allieve. I ruoli si sono invertiti. Seymour Love è seduto in un angolo, in catene e collare, felicemente e volontariamente ridotto in schiavitù.
“The Opening of Misty Beethoven” è stato premiato nel 1977 come miglior film dell'Adult Film Association of America e proiettato ininterrottamente per sette anni nelle sale americane. La prima si svolse presso il Four Seasons Hotel di New York, luogo generalmente adibito alla presentazione di pellicole mainstream.

SCHEDA TECNICA

The Opening of Misty Beethoven
(USA, 1976, 90 min.)
Regia di Radley Metzger (con il nome di Henri Paris)
Cast: Constance Money (Misty Beethoven), Jamie Gillis (Seymour Love), Jacqueline Beudant (Geraldine Rich), Terri Hall (Tanya), Ras Kean (Lawrence Lehman) (con il nome di Ras King), Gloria Leonard (Barbara), Calvin Culver (il gallerista d'arte) (con il nome di Casey Donovan), Tia von Davis (la moglie del comandante dell'aereo)
Prodotto da Ava Leighton (con il nome di L. Sultana)
Direttore della fotografia Paul Glickman (con il nome di Robert Rochester)

giovedì 15 agosto 2013

Behind the Green Door


Il 1972 non fu solo l'anno di “Deep Throat”. Un'altra pellicola pornografica, in realtà un vero e proprio art-movie come vedremo in seguito, fece registrare un enorme successo al botteghino ed entrò a far parte dei più importanti titoli della nascente “Golden Age of Porn”: “Behind the Green Door”. Il film, realizzato da una coppia di fratelli, Jim e Artie Mitchell, allo loro prima esperienza professionale di un certo rilievo dietro alla macchina da presa (fino a quel momento essi avevano gestito a San Francisco il Theater O'Farrell, un cinema porno con annesso un improvvisato set cinematografico in cui venivano realizzati dei brevi cortometraggi, oggetto sovente di irruzioni violente da parte della polizia), rappresentò anche il debutto di un'attrice che in seguito avrebbe fatto molto parlare di sé, Marilyn Chambers. Prima della realizzazione del film, la Chambers aveva raggiunto una certa notorietà per essere stata la testimonial di un detersivo della Procter & Gamble. Se “Behind the Green Door” le impedì di proseguire nella carriera di modella a cui sembrava avviata, è vero anche che fece di lei una vera e propria star del cinema porno.


Il soggetto della storia si basa su un romanzetto circolato tra i soldati all'epoca della Seconda Guerra Mondiale mentre il titolo è un riferimento al brano musicale “The Green Door” eseguito nel 1956 da Bob Davie e Marvin Moore. I Mitchell, che avevano alle spalle una cultura underground e libertaria, affrontano un tema da sempre controverso, quello delle fantasie sessuali femminili. E lo fanno alla loro maniera, mettendo su uno spettacolo raffinato ed ipnotico, una sorta di cabaret pornografico che più che mostrare suggerisce, che punta a liberare lo spettatore dai propri pregiudizi e tabù (“Behind the Green Door” è in assoluto il primo film che mostra scene di sesso interrazziale). I Mitchell, sostenitori di una sessualità libera ed antisistema, erano noti da tempo per le loro anticonformistiche prese di posizione (essi sostenevano infatti che la forma più pura di eccitazione era l'immagine di una donna che si masturbava giacché, sovrapponendo al suo corpo quello di un maschio, il sesso femminile sarebbe scomparso alla vista dello spettatore). Per chi fosse interessato a saperne di più sulla loro vita, suggeriamo la visione del film “Rated X - La vera storia dei re del porno americano”.


Da questo film hanno tratto ispirazione altri lavori, come ad esempio "Cafe Flesh", "Smoker" e "Night Dreams". Ma non solo. Anche Paul Schrader ha ammesso di essere stato fortemente influenzato da questa pellicola per quanto riguarda la stesura della sceneggiatura di “Taxi Driver” (e a questo punto, anche dopo quanto detto in precedenza a proposito di “Deep Throat”, possiamo affermare che “Taxi Driver” deve molto alla “Golden Age of Porn”). E forse lo stesso Stanley Kubrick ha preso spunto da “Behind the Green Door” nella scena dell'orgia in “Eyes Wide Shut”; di sicuro l'avrà visto ai tempi o ne avrà posseduto una copia.


La storia ha inizio di notte lungo una statale. Un uomo (George S. McDonald) è alla guida del suo camion, immerso nei pensieri. La scena cambia. È giorno e il camionista entra in una tavola calda dove incontra un collega. Il cuoco del locale chiede all'uomo di raccontargli la “storia della porta verde”. Flashback: la giovane e bella Gloria (Marilyn Chambers) inizia a flirtare con il camionista mentre entrambi sono seduti ai tavolini della terrazza di un hotel in riva a un lago ma la sera stessa la ragazza viene rapita da due uomini (gli stessi fratelli Mitchell) e condotta al Green Door Club, una sorta di tenebroso night club dove, ad attenderla, c'è un baffuto ed imponente portiere (Ben Davidson, un noto giocatore di football americano dell'epoca) e una donna, Elizabeth Knowles, che le spiega che non le verrà fatto alcun male e che dovrà solo aprirsi ai piaceri a lei riservati. Introdotta nel locale, dopo la presentazione fatta da un mimo (“Signore e signori, state per essere testimoni del rapimento di una donna… una donna la cui paura e ansia iniziali sono addolcite dalla curiosità di ciò che la aspetta. Anche se in un primo momento le sue reazioni potrebbero farvi pensare che sia stata torturata, è vero piuttosto il contrario, perché non verrà fatto alcun male alla rapita. Domani mattina, lei sarà liberata, ignara di tutto tranne del fatto di essere stata amata come mai prima. Forse riconoscerete uno dei vostri amici nel ruolo di vittima. Ricordate, avete giurato di guardare silenziosamente. Se infrangerete questa regola, verrete puniti con severità. Così, sapendo che non avete alcun potere di fermare lo spettacolo, rilassatevi e divertitevi più che potete") di fronte a un pubblico d'ogni età e in maschera, Gloria sembra inizialmente recalcitrante anche se ben presto finirà effettivamente con il lasciarsi andare.


Viene fatta distendere sul palco e stimolata da una mezza dozzina di vestali. Il primo partner con cui ha un rapporto sessuale è invece un muscoloso afroamericano (Johnnie Keyes, un ex-pugile passato al porno) che la possiede con vigore. La scena ha come sottofondo un brano funky (per inciso, Keyes è stato anche un valente musicista jazz). Dopo di lui, Gloria fa sesso con quattro uomini contemporaneamente, alcuni dei quali sospesi a mezza altezza su delle altalene circensi (tra essi Mike Jones, altro attore afroamericano). Il pubblico che si gode lo spettacolo seduto ai tavolini comincia ad eccitarsi e inizia anch'esso a far sesso. La scena finale dell'eiaculazione sul viso di Gloria, girata in slow-motion e con abbondanza di filtri che le conferiscono un effetto decisamente psichedelico, dura circa sette minuti! Alla fine, il camionista narrante, che nel frattempo si era introdotto nel locale, approfittando di un momento di confusione afferra la ragazza e la porta via con sé. Il racconto si conclude qui, nonostante le insistenze del cuoco che chiede di sapere quel che è successo dopo. Il camionista riprende il suo viaggio. È di nuovo notte, forse la stessa notte dell'inizio del film. L'uomo immagina di fare l'amore con Gloria.


Girato con un budget di 60.000 dollari, il film ne incassò venti volte tanto nella sola prima settimana di programmazione, arrivando a totalizzare complessivamente circa 25 milioni di dollari. Si posizionò al quarto posto nella classifica dei film più visti nel 1972 e venne proiettato anche al Festival di Cannes. Secondo il critico Peter Michelson “esiste un ristretto numero di film porno, tra i quali 'Deep Throat', 'The Devil in Miss Jones' e 'Behind the Green Door', che possiedono un minimo ma sufficiente interesse artistico che li distingue da tutti gli altri".
Nel 1986, i Mitchell realizzarono un sequel del film che ebbe però uno scarso successo. Si trattò comunque della prima pellicola hard in cui vennnero utilizzati preservativi.

SCHEDA TECNICA

Behind the Green Door
(USA, 1972, 72 min.)
Regia di Jim e Artie Mitchell
Cast: Marilyn Chambers (Gloria), George S. McDonald (Barry Clark), Johnnie Keyes (primo partner afroamericano di Gloria), Elizabeth Knowles (la tenutaria), Yank Levine (Dudley), Toni Attell (il mimo), Ben Davidson (il portiere), Adrienne Mitchell (la cameriera), Dana Fuller (il cuoco), Dale Meador (l'impiegato dell'hotel) (con il nome di Dale Meade), Jim Mitchell (primo rapitore) (con il nome di James Mitchell), Artie Mitchell (secondo rapitore) (con il nome di Art Mitchell)
Prodotto da Jim e Artie Mitchell
Direttore della fotografia Jon Fontana

mercoledì 14 agosto 2013

The Devil in Miss Jones


L'anno successivo alla realizzazione di “Deep Throat”, Gerard Damiano torna dietro alla macchina da presa e centra un nuovo successo di pubblico girando un film che definiremmo onirico e che si pone agli antipodi, per intensità drammatica, rispetto alla precedente opera. Con lui ritroviamo il bravissimo Harry Reems, questa volta alle prese con un ruolo di genere diverso, ma non più Linda Lovelace, rimpiazzata da una semisconosciuta attrice trentasettenne, Georgina Spelvin, la quale dimostrerà, grazie all'intensa recitazione in questo film, di avere delle doti interpretative difficilmente riscontrabili tra le altre star del cinema porno. La Spelvin si carica letteralmente il film sulle spalle, dandogli spessore. Non era certamente dotata di un fisico mozzafiato, alcuni addirittura la considerano come una delle più brutte attrici porno di sempre ma, a nostro giudizio, aveva un fascino non comune e, ciò che più conta, sapeva recitare. Georgina Spelvin interpreta un ruolo non nuovo nella sua carriera, ovvero quello della zitella che improvvisamente avverte un risveglio dei sensi e si trasforma in un demone del sesso (come ad esempio in “Sleepy Head”) prima di essere destinata a una tragica fine. Si tratta anche della prima volta in cui recita con questo nome d'arte (all'anagrafe si chiama in realtà Michelle Graham), assai in uso peraltro come pseudonimo nel teatro americano. Secondo quanto ebbe a dichiarare nel corso di una puntata del talk show “Dave's Old Porn”, sul set le fu chiesto di occuparsi anche delle pulizie e della cucina. Da sottolineare che anche Clair Lumiere fu inizialmente assoldata per occuparsi delle pulizie e successivamente le fu proposto di girare la scena di amore saffico con la Spelvin dietro compenso di 100 dollari.


Il film è liberamente ispirato all'opera teatrale di Jean Paul Sartre “A porte chiuse” del 1944. Nell'opera dello scrittore e filosofo francese un valletto introduce in una stanza priva di finestre e di specchi tre personaggi (un disertore brasiliano fedifrago, una lesbica e una donna dell'alta società). Pian piano questi comprendono di essere lì per torturarsi a vicenda, cosa che, nonostante ne siano consapevoli, fanno, gli uni tormentando gli altri con domande e commenti sulla loro vita precedente, sui delitti, miserie, desideri e passioni. I personaggi sono in grado di vedere ciò che accade sulla Terra, nella misura in cui ciò riguarda ancora loro, ma a mano a mano la connessione si fa più labile e le visioni scompaiono, lasciandoli da soli con loro stessi e gli altri due. Verso la fine del dramma il disertore scopre che la porta è sempre rimasta aperta ma né lui né le due donne sono ormai in grado di lasciare la stanza, imprigionati nella rete di rapporti che hanno creato. Partendo dall'opera di Sartre, Damiano mette in scena un racconto esistenziale dalle forti venature drammatiche, una chiave di lettura del nostro rapporto con il sesso e con l'amore più in generale. Passiamo ora alla trama.


Dopo un intrigante dialogo sotto forma di flashforward (un procedimento narrativo poco utilizzato nel genere), troviamo Justine Jones sola nella sua casa. Abbassa le tapparelle dopo aver osservato un uomo allontanarsi in macchina. Si sposta nella camera da letto. La sua immagine si riflette in uno specchio. Osserva tristemente il suo corpo che non conosce il piacere. Entra in bagno, si distende nuda nella vasca e decide di togliersi la vita tagliandosi le vene con una lametta. L'intera sequenza del suicidio ha come sottofondo il brano musicale “I'm Coming Home” interpretato da Linda November (ai più questo nome dirà poco ma stiamo parlando di una cantante che come corista ha lavorato con artisti del calibro di Ray Charles, Frank Sinatra, Barbra Streisand e Gloria Gaynor).


In evidente stato confusionale, Miss Jones si ritrova in una grande stanza ammobiliata alla presenza del misterioso Abaca che le spiega di trovarsi nel Purgatorio perché non possiede i requisiti necessari per entrare in Paradiso, giacché lei stessa ha commesso un omicidio decidendo di togliersi la vita, né di poter entrare all'Inferno in virtù della sua condizione di verginità. Decisamente contrariata per il fatto di essere costretta a rimanere in quella sorta di limbo, Miss Jones implora Abaca di lasciarle “guadagnare” il proprio posto agli inferi tornando sulla Terra e trasformandosi nell'incarnazione della lussuria. Abaca accetta e Justine può vivere così una serie di esperienze sessuali che demoliscono tutti quei tabù universalmente riconosciuti (l'autoerotismo, la doppia penetrazione che in quel periodo era assai raro veder rappresentata, il piacere saffico). Qui Damiano fa sfoggio di buone letture (De Sade, Freud, Sartre come già detto) e fa i conti, criticandola, con la propria cultura cattolica d'origine (la scena con il serpente, simbolo del peccato, dove il dettaglio della bocca della Spelvin ci regala una delle sequenze più erotiche di tutta la cinematografia porno).


Ma, proprio quando sta finalmente godendo i piaceri della carne, il tempo concessole si esaurisce e Miss Jones è costretta ad affrontare l'eternità dell'Inferno. L'idea la inorridisce ma Abaca la rassicura dicendole che troverà il luogo “abbastanza accogliente”. Justine si ritrova così confinata in una piccola cella in compagnia di un uomo impotente e sessualmente apatico (lo stesso Gerard Damiano), il cui unico interesse risiede nell'entomologia. Justine lo implora disperatamente di fare sesso con lei ma l'uomo le chiede semplicemente di tacere mentre ascolta il ronzio di insetti immaginari. Intrappolata senza via di scampo alcuna, Miss Jones inizia a urlare disperatamente, conscia com'è che non potrà mai soddisfare quelle voglie da poco conosciute se non masturbandosi per tutta la vita. Questa sarà la penitenza riservatale in sorte.


Il film, nei soli Stati Uniti, incassò al botteghino circa 15 milioni di dollari, entrando tra i primi dieci titoli di maggior successo di quell'anno, appena dietro “Luna di carta” con Ryan O'Neil e ”Agente 007 – Vivi e lascia morire” con Roger Moore. La rivista “Variety” scrisse che “Damiano ha sapientemente costruito un melodramma Damiano ha sapientemente modellato un melodramma bizzarro che inizia con una sequenza degna di qualsiasi opera teatrale” e che “con 'The Devil in Miss Jones' il porno si avvicina a una forma d'arte che i critici faranno fatica a non riconoscere in futuro”. La pellicola ha avuto, tra gli altri, un sequel interpretato dalla stessa Georgina Spelvin nel 1982, “The Devil in Miss Jones 2”.
Buona visione e, come scritto sulla locandina del film, “If you have to go to Hell… go for a reason”.

SCHEDA TECNICA

The Devil in Miss Jones
(USA, 1973, 68 min.)
Regia di Gerard Damiano
Sceneggiatura di Gerard Damiano
Cast: Georgina Spelvin (Justine Jones), Harry Reems (The Teacher) (con il nome di Harry Reams), John Clemens (Abaca), Marc Stevens (il secondo partner di Justine) (con il nome di Mark Stevens), Levi Richards (il terzo partner di Justine) (con il nome di Rick Livermore), Judith Hamilton (prima partner di Justine) (con il nome di Clair Lumiere), Sue Flaken (seconda partner di Justine), Gerard Damiano (l'uomo rinchiuso nella cella) (con il nome di Albert Gork)
Prodotto da Harry Reems (con il nome di Herb Streicher)
Direttore della fotografia João Fernandes

martedì 13 agosto 2013

Deep Throat


C'è una scena del film “Taxi Driver” in cui Travis Bickle, interpretato magistralmente da Robert De Niro, porta Betsy (Cybill Shepherd) in un cinema in cui si proietta “Swedish Marriage Manual”. Dopo alcuni istanti di imbarazzo, Betsy decide di alzarsi e di abbandonare la sala. Travis la rincorre e questo è il dialogo che intercorre tra i due personaggi:

Betsy: Ma lei sta scherzando.
Travis: Perché?
Betsy: Questo è un film pornografico.
Travis: No, no no, questo, anzi questo è un film che ci vengono tutti a vederlo. Perfino marito e moglie ci vengono.

Scorsese, come da lui stesso ricordato in una intervista di alcuni anni fa, ebbe l'idea di inserire queste battute ispirandosi a una esperienza realmente vissuta, quando con l'amico e cineasta Brian De Palma si recò a vedere “Deep Throat”. Nel corso della proiezione De Palma notò con stupore e perplessità come la sala fosse particolarmente gremita di coppie sposate, alcune di esse persino mature.


Abbiamo fatto ricorso a questa citazione per far comprendere al meglio come “Deep Throat” ha segnato un punto di svolta nell'immaginario sessuale americano e non solo. Per la prima volta il pubblico mainstream varcava le soglie di una sala a luci rosse senza pudore alcuno. La stessa ex-first lady Jackie Kennedy venne fotografata all'uscita di un cinema in cui si proiettava la pellicola. Alcuni anni dopo, star dello spettacolo come Jack Nicholson, Warren Beatty, Shirley Maclaine, Richard Dreyfuss, Gregory Peck e Ben Gazzara, tra gli altri, si dichiararono pronti a testimoniare in favore di Harry Reems (uno dei protagonisti del film) nel corso del dibattimento processuale intentato dall'FBI contro di lui e altri undici individui con l‘accusa di “cospirazione nel distribuire materiale osceno”.


Perché in effetti, nonostante o proprio a causa del giudizio complessivamente favorevole della critica e di larga parte del pubblico, “Deep Throat” non ebbe vita facile con il governo Nixon, che lo fece processare in 30 città e bandire in 23 stati. Sdoganare la pornografia, pur con ironia e leggerezza, era ancora un azzardo nei confronti dell'establishment repubblicano dell'epoca. Ci consola il fatto che poco dopo lo stesso Nixon, per una sorta di legge del contrappasso, vide la sua carriera distrutta da un'altra “gola profonda”, quella del Watergate.
L'importanza di “Deep Throat” è anche però quella di aver dato inizio al mercato del cinema pornografico, alla sua diffusione mercantile. Prima c'erano solo pellicole prive di una struttura narrativa e di una recitazione convincente, dopo ci furono capolavori dell'hard quali “The Devil in Miss Jones” o “Behind the Green Door”. La stessa Linda Lovelace può essere annoverata come la prima pornostar, ma una pornostar diversa da quelle che conosciamo oggi, la personificazione della donna sessualmente emancipata, quella che afferma sfacciatamente e provocatoriamente di provare piacere a fare davanti alla cinepresa ciò che le altre attrici fanno una volta questa spenta, salvo poi denunciare alcuni anni dopo in una controversa autobiografia di essere stata costretta dal marito a girare quelle scene. Non potevamo dunque esimerci, nell'iniziare una panoramica della “Golden Age of Porn”, dal partire da “Deep Throat”.


L'idea del progetto si deve a Charles “Chuck” Traynor, un ex-marine che per un certo periodo aveva gestito dei bordelli in Giappone. Al suo ritorno negli Stati Uniti egli apre un topless-bar e prende sotto la sua “protezione” una certa Linda Susan Boreman, alias Linda Lovelace, insegnandole la tecnica della “gola profonda” che, così come sanno i mangiatori di spade, consiste nel controllare l'istinto di deglutizione normalmente provocato dalla faringe. In tal modo, è possibile introdurre il pene fino in fondo, quali che siano le sue dimensioni. Da qui l'idea per il titolo del film che Traynor aveva nel frattempo maturato di realizzare. Egli prende contatto con Gerard Damiano (che firmerà l'opera con lo pseudonimo di Jerry Gerard e si ritaglierà finanche una particina), un ex-parrucchiere convertitosi alla cinematografia, e si assicura i fondi necessari coinvolgendo nell'operazione la Plymouth Distributing di proprietà di Louis "Butchie" Peraino (citato nei titoli di coda del film con lo pseudonimo "Lou Perry"), una casa di distribuzione cinematografica tirata su grazie al denaro di suo padre Anthony Peraino e dello zio Joe "The Whale" Peraino, entrambi membri della famiglia mafiosa dei Colombo. Restava a quel punto solo da assegnare la parte della protagonista e, ovviamente, questa spettò a Linda Lovelace, divenuta nel frattempo sua moglie. 
Le riprese iniziarono nel gennaio 1972 a North Miami, in Florida, per proseguire poi, limitatamente però ad alcune scene interpretate da una splendida Carol Connors e da Harry Reems, a New York. Si calcola che il film incassò una cifra complessiva intorno ai 600 milioni di dollari a fronte delle poche migliaia che era costato. Gerard Damiano, su pressione dei produttori in odor di mafia, fu costretto ad accettare una somma di 25.000 dollari per rinunciare alla sua percentuale, una volta che il film divenne famoso.


La trama è presto detta: Linda, una prostituta, è sessualmente insoddisfatta (“voglio sentire le campane, vedere le dighe che si aprono” è il suo desiderio non tanto recondito) e decide di parlarne con la collega Jenny. Quest'ultima cerca di aiutare l'amica organizzando incontri con dei superdotati da lei stessa testati in precedenza, pensando che il problema sia semplicemente legato alle dimensioni del membro. Questi vengono invitati nella casa in cui le due amiche coabitano e ad ognuno di essi è assegnato un numero, come per la fila alle Poste. Gli uomini sono ridotti, in un sussulto forse di femminismo, a semplici soggetti passivi a disposizione del piacere femminile. L'orgia che segue assume dei connotati esilaranti grazie soprattutto all'uso irriverente che il regista fa della colonna sonora (il brano “Bubbles”, con i suoi gorgoglii di sottofondo, ha una funzione quasi onomatopeica nel sottolineare il momento l'eiaculazione finale; altrove, Damiano inserisce battute dissacranti per il genere come quando Jenny si rivolge al partner che le sta praticando un cunnilingus dicendogli: "Do you mind if I smoke while you eat?"). Ma anche così Linda non riesce a raggiungere l'orgasmo e, frustrata, decide di chiedere lumi al dottor Young, un bizzarro psicologo postfreudiano che evidentemente s'intende anche di ginecologia il quale, dopo attenta analisi delle sue parti intime e della cavità orale, le svelerà che il suo problema, se tale è lecito definirlo, dipende dal fatto di avere il clitoride in gola. L'unico modo dunque per lei di provare piacere rimane quello di esercitarsi nella pratica della fellatio. E il buon dottor Young non finisce di stupire giacché, generosamente, si offre anche come fisioterapista. Tra momenti esilaranti contrassegnati da battute ad effetto (di fronte al dottore che ride di lei per via della sua particolarità la ragazza risponderà piccata: “How would you like it if your balls were in your ears?”) Linda farà dapprima pratica con lui per poi iniziare a lavorare come infermiera fornendo prestazioni particolari ai pazienti del dottore usando la tecnica della gola profonda. Alla fine riuscirà a raggiungere l'orgasmo tanto agognato e vedrà effettivamente immagini di campane che suonano, dighe che tracimano, razzi che partono verso il cosmo, fuochi d'artificio.


Un montaggio analogico degno di Eisenstein e del suo “Staroye i novoye” in cui il regista sovietico suggeriva l'idea dell'orgasmo mostrando una mungitrice meccanica in azione, come ha giustamente fatto notare qualcuno. Più prosaicamente, i più noteranno evidenti somiglianze con l'“analoga” scena dell'amplesso tra Leslie Nielsen e Priscilla Presley nel film dei fratelli Zucker “Una pallottola spuntata 2 e ½”. In fondo il cinema, come la pittura, la scrittura e tutte le arti in genere, è sostanzialmente un rimando di citazioni. Deep throat to you all!

SCHEDA TECNICA

La vera gola profonda
"Deep Throat" (titolo originale)
(USA, 1972, 61 min.)
Regia di Gerard Damiano (con il nome di Jerry Gerard)
Sceneggiatura di Gerard Damiano (con il nome di Jerry Gerard)
Cast: Harry Reems (dottor Young), Dolly Sharp (Helen), Bill Harrison (Maltz), William Love (Wilber Wang), Carol Connors (l'assistente del dottor Young), Bob Phillips (Fenster), Linda Lovelace (sé stessa), Ted Street (il ragazzo delle consegne) (con il nome di Michael Powers), Gerard Damiano (con il nome di Al Gork), John Byron, Jack Birch, Ron Wertheim
Prodotto da Phil Parisi (con il nome di Phil Perry) e Louis Peraino (con il nome di Lou Perry)
Direttore della fotografia João Fernandes (con il nome di Harry Flecks)

Nota: la pellicola venne proiettata per la prima volta in Italia il 14 ottobre 1976 in una versione censurata e, integralmente, il 3 maggio 1979.

lunedì 12 agosto 2013

A mo' di introduzione



Agli inizi degli anni settanta, in una nazione come gli Stati Uniti ancora influenzata dalla rivoluzione sessuale e dalla controcultura hippie, si produsse un fenomeno che è passato alle cronache come “Golden Age of Porn”. Le pellicole di genere pornografico, fino a quel momento dei banalissimi corto e medio metraggi, iniziarono a farsi più sofisticate, sostenute da una sceneggiatura maggiormente elaborata e da una ricercatezza nella fotografia e nelle scenografie. Gli attori e le attrici che le interpretavano non erano delle semplici comparse cui si chiedeva di mimare atti sessuali ma erano in grado di rendere al meglio le varie sfaccettature psicologiche dei loro personaggi. In breve, il cinema pornografico uscì dalla clandestinità ove era stato fino a quel momento relegato ed assurse a fenomeno di massa raccogliendo l'interesse anche di un pubblico non avvezzo alle sale a luci rosse. Solo per fare un esempio, “Deep Throat” incassò al botteghino la bellezza di 100 milioni di dollari a fronte dei soli 25.000 spesi per la sua realizzazione. Sorte analoga toccò anche ad altri titoli dell'epoca, quali “Behind the Green Door”, “The Devil in Miss Jones”, “The Opening of Misty Beethoven” ed altri ancora. L'esempio americano ebbe un seguito anche in Francia, grazie soprattutto alla casa di produzione “Alpha France” e ad attrici quali Brigitte Lahaie. Questa Età dell'Oro del cinema porno durò fin verso l'inizio del decennio successivo quando, svaniti i postumi della rivoluzione sessuale e sotto i duri contraccolpi di un neopuritanesimo che vedeva in Reagan e nella Thatcher i suoi massimi rappresentanti a livello mondiale, si preferì contenere i costi di produzione abbandonando il 35 mm in favore delle videocamere, più versatili ed economiche per quanto di sicura minore qualità. Sarebbe certamente riduttivo e fuorviante addebitare a Ron e a Maggie la fine della “Golden Age” e non cadremo da parte nostra certo in un tale errore. Altri fattori, come ad esempio l'avvento del videoregistratore che permetteva una visione solitaria e meramente onanistica del prodotto, ebbero il loro peso nella faccenda ma è altrettanto vero che il neopuritanesimo contribuì non poco a modificare i costumi sessuali della gente. Il presente blog intende occuparsi di quella fugace ma intensa epopea fornendo al lettore una serie di titoli scelti tra quelli più rappresentativi, tutti corredati da una dettagliata scheda tecnica e da una approfondita recensione. Non resta dunque che augurare una buona visione a tutti.