sabato 1 marzo 2014

Le sexe qui parle

Cosa direbbe una vagina se potesse parlare? Il regista Claude Mulot, due secoli dopo Diderot e i suoi “gioielli indiscreti”, prova a rispondere alla domanda confezionando nel 1975 una delle migliori pellicole di sempre della cinema porno francese. Vincitore del primo e unico Festival International du Film Pornographique et Erotique di Parigi nell'agosto dello stesso anno, “Le sexe qui parle” (“Pussy Talk” nella sua versione in lingua inglese) è la testimonianza lampante di ciò che avrebbe potuto essere il genere cosidetto “porno-chic” se la Legge, imponendo onerosi balzelli sulla produzione e la distribuzione di materiale pornografico, non l'avesse costretto a traslocare dalle grandi sale cinematografiche del centro a quelle di periferia. “Le sexe qui parle” può considerarsi un film “vero” in cui le scene di sesso risultano contestuali alla storia narrata. Andiamo dunque a narrare i monologhi della vagina…


Joëlle (Pénélope Lamour) gestisce un'agenzia pubblicitaria ed è sposata con Eric (Jean-Loup Philippe) che di professione fa l'architetto. La vediamo per strada mentre si lamenta per una multa appena ricevuta. Una bionda passa accanto a lei e le rivolge un complimento. Joëlle la segue all'interno di un negozio di dischi e la raggiunge in una sala d'ascolto. Qui Joëlle accarezza la vulva della ragazza, poi arrotola un biglietto da cento franchi e inizia a stimolarle il clitoride. Ma quando prova a introdurre la banconota nella vagina, viene interrotta dall'arrivo di un cliente. Joëlle si allontana sconvolta.


Il giorno successivo, in ufficio, la donna si ritrova all'improvviso ad eseguire una fellatio a uno stupito fattorino. Lo squillo di un telefono ha l'effetto di destarla ed anche in questo caso Joëlle sembra turbata dal proprio agire. La sera, durante una noiosa serata tra amici, inizia a masturbarsi meccanicamente sul divano tra lo stupore dei presenti. Rimasti soli, Eric rimprovera alla moglie quanto è successo, poi i due tentano una riconciliazione facendo sesso. Al termine del rapporto, evidentemente non appagata, Joëlle si masturba in bagno immaginando degli uomini che eiaculano sui finestrini di una lussuosa autovettura mentre lei si accarezza il sesso al suo interno (la scena ha un che di comico, lo sperma degli uomini è talmente copioso che sembra gettato a secchiate costringendo Joëlle ad azionare i tergicristalli). Una volta tornata nella camera da letto, la vagina della donna inizia a parlare tra lo stupore dei due coniugi. Il suo è un turpiloquio, una sequela di insulti proferiti con voce cavernosa.


Il giorno dopo, Joëlle ha la prova che ormai essa non è più padrona delle proprie azioni. Dopo aver tentato di convincere al telefono il marito ad abbandonare una riunione di lavoro giacché la sua vagina ha iniziato a parlare nuovamente, indossa un soprabito sul corpo nudo ed esce da casa per recarsi in un cinema porno. Una volta sedutasi viene avvicinata da due uomini e inizia a masturbarli contemporaneamente con le mani. Poi i tre si avviano nei bagni e fanno sesso. Una volta tornata a casa, la vagina racconta con sprezzo a Eric ciò che è accaduto. La sera successiva, nell'intento di trovare una soluzione allo strano caso, Eric invita a casa Martine (Ellen Earl), una sua amica psichiatra che però presenta alla moglie come veterinaria (“con un interesse per le passere…” come precisa lei stessa maliziosamente a un certo punto). Ma la donna sembra interessarsi più che altro a Eric e ben presto i due iniziano a fare sesso davanti agli occhi di Joëlle. Poi le due donne si abbandonano a un rapporto lesbico. Al termine della serata, mentre Martine si accinge ad andarsene, la vagina di Joëlle inizia a parlare.
Il giorno successivo, la psichiatra indice una conferenza stampa per rendere nota la sua scoperta. Joëlle ed Eric decidono così di lasciare Parigi per un po' e si rifugiano nella casa di campagna di famiglia di Joëlle. Nel frattempo, un giornalista (Vicky Messica) che aveva assistito alla conferenza stampa decide di rintracciare ad ogni costo la donna per intervistarne il sesso. Egli decide di avvalersi dell'aiuto della zia Barbara (Sylvia Bourdon), una pittrice che indulge spesso a far sesso con i propri modelli.


Nel frattempo, Joëlle racconta a Eric come si è svolta la sua infanzia. Appendiamo così che da adolescente la donna era costretta a subire le attenzioni del padre e che lo stesso venne ucciso dalla madre dopo che li aveva scoperti insieme. Joëlle racconta anche delle prime esperienze sessuali con i coetanei, di come perse la verginità masturbandosi con il naso di un Pinocchio in legno, di quando sedusse con una sua compagna un insegnante ben dotato e, infine, di quando fece sesso con un prete in chiesa dopo la confessione.


Durante la notte il giornalista irrompe nell'abitazione costringendo Joëlle a rifugiarsi a casa della zia Barbara. Ma questa ha stretto un patto con l'uomo per venderle la nipote e i due possono così organizzare l'intervista alla vagina di Joëlle. Tutto sembra concludersi più o meno felicemente in questo modo, la vagina ha nel frattempo anche smesso di parlare e marito e moglie possono fare l'amore senza più interferenze. Ma le cose non stanno evidentemente così, l'“infezione” è semplicemente passata dal sesso di Joëlle a quello di Eric…
Del film esiste un seguito girato nel 1978 e intitolato “Le sexe qui parle 2” mentre nel 1977 negli Stati Uniti se ne realizzò un remake intitolato “Chatterbox”.

SCHEDA TECNICA

Le sexe qui parle
(Francia, 1975, 70 min.)
Regia di Claude Mulot (con il nome di Frédéric Lansac)
Sceneggiatura di Claude Mulot
Cast: Pénélope Lamour (Joëlle), Jean-Loup Philippe (Eric) (con il nome di Nils Hortzs), Ellen Earl (la psichiatra), Vicky Messica (il giornalista), Sylvia Bourdon (la zia Barbara), Béatrice Harnois (Joëlle da giovane)
Prodotto da Francis Leroi
Direttore della fotografia Roger Fellous

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